Federico giuliani
Federico Giuliani intervista Marco Lupis, autore de "I cannibali di Mao"
Federico Giuliani, giornalista de Il Giornale.it, segue da molti anni le vicende d’Asia. Lo avevamo già intervistato su queste pagine per i suoi due bellissimi libri sulla Corea del Nord. Oggi si traveste da collaboratore blaschista e ci propone una piacevole intervista al giornalista, scrittore e reporter di guerra Marco Lupis, a lungo corrispondente da Hong Kong per Repubblica, sul suo ultimo libro I cannibali di Mao, che ha vinto la sesta edizione del Premio Città di Como 2019 per il "Miglior libro di giornalismo di viaggio". Buona lettura!
D.: Il tuo ultimo libro "I Cannibali di Mao" (2019, Rubbettino editore, pp. 334), raccoglie alcuni reportage riguardanti la Cina da te scritti tra la fine degli anni ’90 e i giorni nostri. Data la tua pluriennale esperienza sul campo come inviato, quali sono le differenze principali tra la Cina odierna e quella che hai vissuto tu agli inizi della tua carriera giornalistica?
R.: In realtà i miei reportage sono stati solo lo spunto dal quale hanno preso vita i capitoli del libro. La Cina è letteralmente "cresciuta e cambiata davanti ai miei occhi e sotto i miei piedi", come racconto nel libro, a un ritmo sconcertante persino per me che vi ero immerso fino al collo, vivendoci da corrispondente della stampa e della televisione italiane: le cose che in qualsiasi altra parte del mondo richiedevano mesi per cambiare, cambiavano in un giorno e quelle che richiedevano anni, cambiavano in un mese. Quando arrivai a Hong Kong, nella prima metà degli anni Novanta del secolo scorso, la Cina era un Paese per molti versi terribile, angosciante: assomigliava molto alla Corea del Nord, se si pensa al tasso di ingiustizia, all’esercizio spietato della repressione e della violenza da parte dello stesso Stato cinese, alle discriminazioni feroci nei confronti delle bambine e delle donne… Nel libro spero di avere reso l’impressione del mio stupore, spesso del mio sgomento, nel dover assistere e poi raccontare cose come le esecuzioni capitali di gruppo. La Cina di oggi, la Cina del presidente-a-vita, il nuovo "imperatore" Xi Jinping, sembra lontana anni luce da quella Cina buia e tenebrosa. Ma non bisogna fare l’errore di lasciarsi abbagliare dai lustrini odierni: per molti versi la Cina di oggi – seppure senz’altro molto più "presentabile" per il mondo occidentale – è persino più repressiva della Cina di allora.
D.: C’è un capitolo in particolare che fotografa l’ingresso della vecchia Cina nella modernità ("Verso il terzo millennio"). Che aria si respirava in quel periodo? Ti aspettavi
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