L'ultimo scalo del tramp steamer
L'ultimo scalo del Tramp Steamer: Una recensione/ricordo
Un libro simbolo della prosa sudamericana che attraversa gli oceani inseguendo amori impossibili. Incantevole Alvaro Mutis.
Era l'anno 10, in pieno maggio, o forse giugno era appena iniziato, non ricordo. Mi trovavo sull'isola di Pantelleria, lavoravo in un hotel incantevole e, dal bar in cui ero addetto, guardavo sempre il mare che si estendeva all'infinito di fronte a me. Ricordo quei pomeriggi apatici con poco da fare, il vento che batteva continuamente, le palme salutavano col loro movimento. Il senso di noia e fastidio, comune a tutti gli isolani, si stava gradualmente impossessando anche di me. Passavo le ore a guardare l'immenso mare africano di fronte, ogni giorno aveva una tonalità diversa di blu, a volte era più denso e scuro, poi schiariva leggermente, il giorno dopo tornava profondo, e ancora di nuovo verdastro, ma non era mai uguale al precedente. Nei sei mesi che ho passato lì, la sua gradazione di blu mutava ogni giorno, ogni ora, ad ogni sguardo, era un continuo divenire della natura che si rigenerava nell'essenza.
Fu in quei giorni che lessi L'ultimo scalo del Tramp Steamer del colombiano Alvaro Mutis. Era una lettura soave, di viaggio, d'amore e di mare. S'abbinava con poesia a quelle giornate così lente, dove il tempo è scandito dalla forza del vento e dall'attesa della schiarita dell'orizzonte. Quando vivi su un'isola il mare è termometro organizzativo e spirituale. Lo vedi ovunque e da ovunque. Ti circonda e ti protegge. E' corpo. Ti si inietta nei sensi, è l'unico parametro reale per ogni cosa.
Lessi questo libro meraviglioso, durò poco ma mi lasciò il sapore del sogno. Con l'espressione Tramp Steamer si definiscono, nel linguaggio della gente di mare: i mercantili di scarso tonnellaggio, non appartenenti alle grandi compagnie di navigazione, che viaggiano di porto in porto cercando carichi occasionali da trasportare dove che sia. E così tirano a campare, trascinando la loro sagoma malconcia assai più a lungo di quanto potrebbero far prevedere le loro precarie condizioni. Insomma un vero precario dell'acqua, che sbarca il lunario come può.
Mi entrò subito nel cuore lo stile di questi mercantili, goffi e rudi, dediti alla vita senza charme. E la scrittura di Mutis ne esaltava le gesta e le movenze, ne gloriava l'umanità insita nei suoi minuziosi dettagli: le scritte scrostate sulle pareti, la ruggine a vista, l'andamento flemmatico. Bisognava che qualcuno lo tutelasse, come si preserva un saggio capo-tribù dalla modernizzazione. Ma successe dell'inverosimile. Quel libro lo persi, non lo trovai più negli anni successivi. Ovviamente potevo ricomprarlo, ma col tempo.
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